Jonathan Pochini:Il successo è un viaggio, non una meta.

Il nomadismo digitale è di certo uno degli argomenti più in voga degli ultimi anni.

Jonathan Pochini può essere classificato come uno dei nomadi digitali Italiani più conosciuti in Italia, essendo uno degli amministratori del gruppo su Facebook ” Nomadi Digitali Italiani” e vantando un bagaglio di esperienze in ambito Seo con clienti diversi da ogni parte del Mondo.

In un mondo fatto di orari rigidi, traffico e stress, la libertà di poter lavorare da dove si desidera e poter scegliere dove vivere sembra fantastico, sebbene il percorso per raggiungere tale obiettivo risulta essere lungo e tortuoso.

 

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Guida alle domande:

” Poter vivere dove si vuole sembra fantastico. Cosa fai esattamente?

” Di certo il tuo bagaglio di esperienze non sarà nato dal nulla. Cosa facevi prima di tutto questo?

” Nell’ultimo anno si è notato un aumento esponenziale di “maestri del web” pronti a venderti corsi di ogni tipo. Cosa ne pensi di questo fenomeno? Quali consigli daresti a chi vuole formarsi su una specifica professione?

” Quanto è difficile ad oggi costruirsi una professione online, o diventare nomade digitale?

” Cosa deve tenere in considerazione una persona che vuole diventare nomade digitale? Considerando che lo sei da anni, secondo te quali sono i pro e i contro?

” In Italia esiste una specie di paura velata per la partita iva, perché secondo te?

” Quali sono le caratteristiche assolutamente necessarie per chi vuole essere un freelance?

” Ad oggi cosa significa per te avere successo?

” Adesso mi hai incuriosito! Quali sono i tuoi progetti?Cosa bolle in pentola?

” Jonathan, grazie per questa fantastica intervista piena di spunti interessanti. Ci lasci con un messaggio per la community?

 

” Chi non si muove non può rendersi conto delle proprie catene ( Rosa Luxemburg ).

Ciao Jonathan, dicci chi sei e dove vivi…..

Ciao Nicolas,

sono Jonathan, ho 43 anni, e quando mi chiedono “dove vivi? ho grosse difficoltà a rispondere! 🙂
Vediamo:

  • ti scrivo in questo momento da Carrara, dove si trova la mia famiglia, ma dove non sono né nato né cresciuto;
  • arrivo da diversi mesi in Sud Est Asiatico (Thailandia, Cambogia e Bali) più qualche settimana in Grecia;
  • a breve tornerò alle Canarie, dove presumibilmente rimarrò fino alla fine dell’anno, ma so già che non mi fermerò in una sola isola.

Ho il privilegio di potermi spostare spesso (e di farne uno stile di vita) in quanto sono un freelance a cui basta avere un laptop e una decorosa connessione Internet per lavorare.
E una propria base di clienti online! Anche se,in questo periodo, mi sto dedicando maggiormente allo sviluppo di progetti personali.

 

” Poter vivere dove si vuole sembra fantastico. Cosa fai esattamente?

La professione che mi ha permesso di aderire a questo stile di vita da nomad worker si chiama “SEO”. Faccio il consulente SEO, di solito i miei clienti sono liberi professionisti e piccole e medie imprese, spesso stranieri, e come requisito irrinunciabile devono tutti rassegnarsi al fatto che non potranno (forse mai) stringermi la mano. 🙂

Per chi non sapesse niente dell’antica e nobile arte della SEO, mettiamola così:

  • se hai un’attività molto probabilmente hai anche un sito web;
  • se hai un sito web molto probabilmente vorrai essere trovato nel momento in cui i tuoi potenziali clienti ti cercano su Google;
  • il Consulente SEO è colui che si occupa di favorire questo processo (senza farti spendere soldi nei programmi a pagamento di Google AdWords).

Oggi però sto cercando di convertirmi in un “imprenditore digitale” investendo in progetti personali e impegnandomi a farli funzionare.

Passare dal lavorare per i clienti di altri (quando lavoravo in agenzia) ai miei clienti è stato un bel passaggio in termini di qualità della passione profusa nel mio lavoro.

Oggi è ormai tempo di impegnarmi per un altro obiettivo: passare dal lavorare per i progetti dei miei clienti… ai miei progetti!

 

” Di certo il tuo bagaglio di esperienze non sarà nato dal nulla. Cosa facevi prima di tutto questo?

Prima di fare il Consulente SEO freelance… facevo il consulente SEO per agenzie! Partiamo dall’inizio?

  • 2006
    Dopo una laurea in Scienze della Comunicazione (ottenuta in 10 anni) e una tesi e un master sul Web Writing vengo “assoldato” (contratto a progetto) in una prima agenzia a Firenze, dove mi si insegna a occuparmi di SEO.
  • 2007
    A causa di gravi “disarmonie” con l’amministrazione 😀 me ne vado da questa prima agenzia.
    Passo un periodo a capire come diavolo fare per mettermi in proprio… Ma anche a studiare e a sbattere la testa sui linguaggi di programmazione!
    Installo il mio primo WordPress.
  • 2008
    Si apre un’occasione di lavorare in una bella agenzia con un consulente piuttosto famoso nel mio settore: metto in pausa il progetto di mettermi in proprio e mi faccio “assoldare” di nuovo.
  • 2009
    E niente, a stare fermo non mi riesce proprio: rinuncio alla possibilità di un contratto a tempo indeterminato per andare in Australia a fare un corso di inglese di 12 settimane.
    Dopo il corso d’inglese trovo un ingaggio in una agenzia di Sydney! :O
    L’avventura in Australia può continuare.
  • 2010
    In agenzia a Sydney lavoro come “contractor”: quando c’è lavoro per me vado in ufficio, quando non c’è lavoro… sto a casa senza lavorare!
    Capisco che devo trovarmi altri clienti. E così faccio: a volte lavoro per l’agenzia, a volte per i miei primi clienti online, a volte lavoro per tutti… e pure troppo!
  • 2011
    Per gravi motivi familiari ritorno in Italia e ci sto diversi mesi. In questo momento non è il lavoro dall’agenzia che mi permette di continuare a lavorare: sono i miei clienti online!
  • 2012
    Torno in Australia ma il trend si conferma: il lavoro dall’agenzia va sempre più calando mentre il lavoro dai miei clienti online va sempre più aumentando. Alla fine dell’anno lavoro praticamente sempre da casa (vivendo in una delle città più care del mondo).
  • 2013
    Decido di partire e di provare a fare il nomad worker. Vado in Thailandia, 2 mesi a Chiang Mai, la capitale dei Digital Nomads, 1 mese a Koh Phanghan ad accarezzare l’idea di diventare insegnante di yoga.
    Poi torno in Italia a decidere sul da farsi: alla fine mi dirotto alle Canarie.
  • 2014
    Stabilisco ufficialmente la mia base alle Canarie: a Fuerteventura. Anzi no, a Gran Canaria: dopo 5 mesi a Corralejo mi trasferisco infatti a Las Palmas… ed è un po’ una rivelazione!
    Mi risulterà difficile staccarmi da Las Palmas.
  • 2015
    Mi faccio un altro giro in Thailandia incontro quella Simona Camporesi che diversi mesi dopo mi raggiungerà alle Canarie e mi aiuterà a emanciparmi dalla mia dipendenza da Las Palmas.
  • 2016
    El Hierro: la più piccola e sconosciuta delle isole Canarie! Un piccolo gioiello che io e Simona proviamo a condividere organizzando la prima workation per nomadi digitali italiani.
    Ad ogni modo, a parte qualche puntata in Spagna, Sicilia e nell’appennino Toscano… il 2016 è caratterizzato da questa magica isoletta che probabilmente è la prima volta che senti nominare. 😀
  • 2017
    Io e Simona torniamo in Asia: Thailandia, Bali, Borneo… sperimentiamo questo stile di vita in movimento sia nella sua dimensione di coppia che in quella solitaria (a Bali sarò da solo). Poi di nuovo le Canarie, di nuovo a El Hierro.
    Ma qualcosa cambia: inizio a interessarmi di criptovalute e inizio a pensare insistentemente che piuttosto che tenere i risparmi in banca sia meglio investirli in una casa (anche se questo odora pericolosamente di “mettere le radici”) e le Canarie sembrano un buon posto dove investire (nelle zone giuste).
  • 2018
    Anche l’inizio di quest’anno è caratterizzato dal Sud Est Asiatico (nessuno mi costringe a vedere per forza sempre posti nuovi! 😉 ): Thailandia, Cambogia, Bali… e, complice un interessante volo low cost da Singapore… Atene!
    Ma questo è anche l’anno in cui imparo finalmente a dire di no ai nuovi clienti (mai facile per un freelance) e ad impegnarmi sempre di più nei miei progetti, a investirci tempo e denaro.

Ed eccoci arrivati a oggi, in pieno work in progress, come forse la vita è sempre e sempre deve essere.
A lavorare per i miei progetti con l’unica certezza che sto facendo quello che voglio fare.
Oppure chissà, a cercare l’occasione giusta per un investimento immobiliare che mi richiederà un minimo di stabilità e di liquidità (e che mi costringerà in altre parole a ricominciare a “lavorare” se non riuscirò a fare fruttare i miei progetti in tempo utile).

 

” Nell’ultimo anno si è notato un aumento esponenziale di “maestri del web” pronti a venderti corsi di ogni tipo. Cosa ne pensi di questo fenomeno? Quali consigli daresti a chi vuole formarsi su una specifica professione?

Ci sarebbero un sacco di considerazioni da fare.
Innanzitutto a quanto pare il mercato della formazione è più profittevole del trading! :O
O almeno questa è la morale che ne traggo dalle risposte esagitate a un mio commento ad un post sul gruppo Facebook dei nomadi digitali italiani. E questo lo trovo innanzitutto deludente! 😀

Considerando questo fatto è ovvio pensare che questo mercato faccia gola anche a chi:

  • non ha tanto la vocazione dell’insegnare quanto piuttosto quella (in linea di massima legittima) di ingrassare il proprio portafoglio;
  • non ha tanto l’aspirazione a cambiare in meglio la vita dei propri allievi… ma viene spinto piuttosto da una pulsione interna a gonfiare il proprio ego.

E quindi il primo consiglio che mi verrebbe da dare sarebbe quello di sviluppare al più presto la capacità di distinguere i primi dai secondi!

  • I primi sono quelli che si prendono a cuore i propri allievi e che si sentono in qualche modo responsabili del loro successo;
  • I secondi sono quelli che dicono “io insegno, se poi uno non capisce o non si applica che colpa ne ho?”

In altre parole “riconosci l’albero buono dai suoi frutti” non dalla sua landing page! 😀

C’è qualcuno (un tuo contatto! Non un finto testimonial!) che dopo aver fatto quel dato corso ha ottenuto quello che voleva? Ad esempio è diventato freelance o professionista di quel settore…

E non ti fidare delle parole che si dicono, delle promesse che si fanno e nemmeno dei numeri!

La pratica del raccontare balle è stata ufficialmente  sdoganata e da cosa non etica è diventata tecnica di marketing: lo fa anche Booking.com quando ti dice che c’è solo un posto disponibile in quel dato albergo!

Un consiglio più pratico e applicabile subito è invece il seguente: vuoi imparare qualcosa?

Bene: testa prima la tua passione!

Troverai un’infinità di risorse su internet su qualsiasi argomento: articoli su blog, video su youtube, gruppi facebook, ebook gratuiti e perfino corsi gratuiti su udemy, cousera e altre piattaforme.

Prima di acquistare il tal corso a pagamento di diverse centinaia di euro…

  • ti sei fatto le tue ricerche con tutte queste risorse gratuite?
  • Siamo sicuri che la tua passione è genuina e non ti ritroverai solo ad aver ingrassato il portafoglio dell’ennesimo formatore?
  • Siamo sicuri che non ti sei fatto fregare dall’ennesima landing page che ti racconta una storiella ricamata per farti immedesimare, che ti promette il sogno (e pure l’accesso a quel gruppo FIGHISSIMO ed ESCLUSIVO) scontato del 77% ma solo se clicchi il bottone prima che l’effetto scarcity faccia il suo corso?

E comunque leggiti almeno un paio di libri sull’argomento prima di acquistare un corso! Se non riesci nemmeno a finire due libri… davvero credi di avere tutto il necessario per entrare nel mercato solo per aver pagato un corso?

E poi alla fine il consiglio dei consigli!
Accompagna sempre alla teoria una quantità di pratica che sia il più vicina possibile al Principio di Pareto: 20% teoria e 80% pratica.
Di recente ho intervistato uno che suggeriva il 50 e 50. Suona ragionevole, no? Ma indovina un po’: questa persona vende corsi! 😀 Coincidenza?

Se non hai clienti con cui praticare puoi esplorare la possibilità di lavorare volontariamente per progetti no profit o, meglio ancora, inventati un tuo progetto e fai pratica su questo!

Come suggerito sopra, presto magari potrei trovarmi nella posizione di dare lavoro ad uno o più collaboratori… Magari perché uno dei miei progetti è andato a gonfie vele o magari perché ho fatto un investimento immobiliare e ho bisogno di accrescere il mio business.

Secondo te da chi sarei più favorevolmente colpito?

  • da uno che ha realizzato un progetto suo e l’ha portato a un suo discreto successo…
  • o da uno che ha fatto un corso?

E proprio perché sto affermando che la pratica è più importante della teoria (sto parlando del mio settore) un altro consiglio che ti potrei dare è quello di cercare in tutti i modi di fare esperienza. Sul serio: piuttosto che spendere ulteriori soldi per un corso, vai a lavorare per qualcuno che sa fare quello che vuoi fare tu!

Non voglio dirti di andare a lavorare “sottopagato”, ti dico “fagli un’offerta che non potrà rifiutare”.

Una volta che sarai stato capace di fargli vedere quanto vali e come puoi renderti utile nella sua attività sarai pronto a discutere una ricompensa di tutto rispetto. E l’esperienza potrà continuare!

Tra parentesi questo è stato il modo in cui ho trovato il mio lavoro in Australia… ma è decisamente un’altra storia. 🙂

 

” Quanto è difficile ad oggi costruirsi una professione online, o diventare nomade digitale?

Costruirsi una professione online a me non sembra più difficile che costruirsi una professione, punto.

È probabile tuttavia che un professionista preparato, se non viene assunto da remoto, si ritrovi ad un certo punto a dover acquisire competenze da freelance, che hanno a che fare con la gestione di se stessi e della propria attività, ma soprattutto sulla capacità di attirare clienti online.

In questo senso io avevo innanzitutto una mia “ricetta”: frutto dell’esperienza descritta sopra, ma più condensata, indicativamente nel corso di 6 mesi (stimati, poi dipenderà da un sacco di fattori).

Il fulcro di questa “ricetta” ruotava sul proprio sito web (e sulla SEO) come mezzo privilegiato per attrarre clienti online.

L’idea di condividere questa “ricetta” ha dato vita ad un sito che si chiama diventarefreelance.it.

E ora viene il bello: per promuovere questo mio sito ho iniziato a fare e pubblicare interviste ad altri freelance.

L’ho fatto per fare content marketing ma la pratica del fare queste interviste ha sortito un effetto collaterale: ho scoperto che ci sono una varietà di strade per diventare freelance e per acquisire clienti online… intendiamoci: lo sapevo già, ma in qualche modo pensavo che fossero minoritarie o meno efficaci rispetto alla mia strategia. Fare queste interviste ha invece allargato la mia percezione della realtà.

Ora so, appunto, che ci sono molte strade per diventare freelance anche se tutte passano probabilmente per:

  • L’azione.
    Che sia per la realizzazione di un sito web o attraverso l’iscrizione ad Upwork… aspettare che arrivi qualcuno e ci dia lavoro non funziona (quasi mai).
  • Il sacrificio.
    Forse dovrai rinunciare a serate a bere birre con gli amici per ragionare sul tuo sito web o forse dovrai lavorare sodo e sottopagato solo per ottenere qualche recensione positiva su Upwork.
  • La scelta.
    Arriva un punto in cui bisogna trovare il coraggio di non continuare come abbiamo sempre fatto ma di fare un cambiamento. Questo può fare paura. Ma – almeno per i miei intervistati – prima o poi questo momento arriva.

E sarebbe bello concludere così, ma tocca mettere un altro punto (anche se non condiviso da tutti i miei intervistati):

  • L’inglese!
    Conoscere l’inglese ha aperto a me e a moltissimi miei intervistati le porte ad un mercato che – per dare una stima molto indicativa – è almeno 20 volte più grande di quello italiano. Questo significa più occasioni di lavoro, più occasioni di trovare clienti, nicchie di mercato più rigogliose, maggiori occasioni di formazione (corsi di qualità superiore), maggiori opportunità di networking, etc.
    Sinceramente senza l’inglese non so che ne sarebbe stato di me. 😀

 

” Cosa deve tenere in considerazione una persona che vuole diventare nomade digitale? Considerando che lo sei da anni, secondo te quali sono i pro e i contro?

In realtà si rischia sempre di incartarsi con le definizioni, di ridursi e di darsi dei limiti.
Anzi, è nell’etimologia stessa della parola “definizione” che c’è la limitazione: definire vuol dire limitare.

E quindi perché limitarsi? Come esposto sopra c’è la possibilità che mi compri una casa alle Canarie. Ci andrò ad abitare io? Metterò radici? E anche se fosse?

Quindi preferisco non chiedermi “cosa significa essere nomade digitale” ma piuttosto “cosa voglio fare”.

E “cosa voglio fare” è una domanda che è bello farsi ogni giorno! 🙂

Mentre il discorso sui pro e i contro è forse più pragmatico.

I pro riguardano la libertà e tutte le possibilità che la libertà comporta, comprese le possibilità di:

  • fare geoarbitraggio (andare a vivere dove la vita costa meno percependo compensi “occidentali”),
  • nutrire una determinata relazione,
  • trasferirsi nei posti più favorevoli per il proprio business,
  • andare dove è più opportuno per imparare una determinata disciplina o per seguire una determinata passione (sia questa il tango in argentina, lo yoga in India o le cryptovalute, la SEO, il Digital Nomad Lifestyle a Chiang Mai).

I contro riguardano gli attaccamenti a posti, persone, cose e abitudini che non hanno la stessa libertà di spostamento che abbiano noi.

E quindi magari questo significa:

  • vedere i propri amici o la famiglia un bel po’ di meno,
  • qualche difficoltà nell’avere un animale domestico,
  • la completa inutilità (quando si è in viaggio) di tutto quello che possediamo ma che non possiamo portarci dietro: macchina, vestiti, la chitarra, la TV, la console, i mobili, il frullatore, il caffè nel solito bar, la palestra sotto casa, le lezioni di flamenco con quel maestro…

La lontananza degli affetti sono le cose più difficili da gestire e magari in un primo momento, appena arrivati in un posto nuovo e senza le connessioni giuste, ci si può sentire molto soli.

Tutto questo è compensato secondo me da una certa apertura mentale che deriva dall’esperienza stessa del viaggio, dall’incontro con altre culture, dal fatto di doversi adattare a diverse situazioni e a vivere solo con quello che ti puoi portare nello zaino(ne).

Si diventa meno consumisti, meno attaccati agli oggetti e meno attaccati anche al fatturato. Si dà piuttosto valore al tempo, all’esperienza… ai sogni, al capire quello che realmente conta… magari chissà, paradossalmente, alle relazioni.

Ma visto che ogni tanto qualcuno mi fa notare che si raccontano sempre le cose positive, allora eccomi a raccontare senza timore alcuno 😀 anche le cose viste dal “peggiore” dei punti di vista:

Siamo le mosche bianche, le pecore nere… se non proprio i “brutti” anatroccoli di sicuro quelli strani.

Gli outsider, i disadattati, gli asociali, quelli che non appartengono, quelli che fuggono.

Quelli che hanno certamente fallito in alcune dimensioni della vita, incapaci a rassegnarsi al programma mainstream fortemente incoraggiato dal gruppo dei pari e dalle generazioni precedenti.

E allora?

E allora magari senza eccesso di giudizi e proselitismi diciamoci che uno stile di vita è solo un vestito che indossiamo. Che dovremmo indossarlo se ci piace. E quando non ci piace più dovremmo semplicemente cambiarlo. E se un vestito non piace ai nostri amici o non è adatto ad una determinata situazione? Forse dovremmo trovarci altri amici o cambiare situazione! 😉

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” In Italia esiste una specie di paura velata per la partita iva, perché secondo te?

Secondo me perché si respira un clima di incertezza riguardo a tutto ciò che è tasse:

  • perché se chiedi a tre commercialisti diversi un parere su una determinata questione otterrai tre informazioni diverse, ma tutte date con scientifica sicurezza;
  • perché si nutre l’incubo ricorrente che se fai un errore, magari in buona fede, arrivino le istituzioni a metterti in ginocchio e senza possibilità di recupero.

Ma queste sono mie opinioni personali.

Un altro motivo sta anche nella non certezza dei pagamenti: tra i miei intervistati che lavorano anche con clienti internazionali non è raro trovare l’amara considerazione che gli unici problemi che hanno avuto riguardo i pagamenti sono stati con gli italiani!

Poi forse chissà, magari è ancora forte l’eco del richiamo del posto fisso delle generazioni passate, oppure ci sono ancora visioni politiche e sociali obsolete: dove lo situi un freelance? Tra i padroni o tra gli operai? C’è un sindacato? Non è che per caso il freelance ha più responsabilità e meno tutele?

 

” Quali sono le caratteristiche assolutamente necessarie per chi vuole essere un freelance?

Ci sono persone che mi hanno confidato che non ce la farebbero proprio a vivere nell’incertezza di una retribuzione non fissa.

Come freelance sei sicuramente responsabile del successo delle tue azioni e del benessere della tua attività. E questo per qualcuno è sicuramente fonte di un’ansia intollerabile.

Devi essere sempre un po’ un “piccolo” imprenditore e assumerti i tuoi rischi: metti ad esempio che decidi di farti il tuo sito e di promuoverlo per lanciare la tua attività… dovrai lavorare un sacco! Ore e ore di lavoro non pagato senza avere la minima garanzia che i tuoi sforzi vedranno mai i risultati sperati.

Infine è molto probabile che avrai bisogno di una gran bella dose di flessibilità: nel lavorare, nell’aggiornarsi, nell’assumersi nuovi rischi.

 

” Ad oggi cosa significa per te avere successo?

Partiamo da cosa NON significa avere successo, che è più facile!  🙂

Innanzitutto impariamo a dubitare da chi misura il successo in termini numerici: quanto uno guadagna, il fatturato, il numero di follower, i prodotti venduti… Sul serio, siamo alle medie? È un pissing contest?
Questa cosa bisognerebbe insegnarla a scuola, la si dovrebbe ribadire al telegiornale ad ogni cambio di stagione (o in sostituzione dei famosi servizi “il caldo d’estate” e il “freddo d’inverno”), il presidente di turno dovrebbe iniziare così il suo discorso di fine anno.

Chi commette questo errore dovrebbero essere guardato con compassione,  bisognerebbe prenderlo da parte e con parole dolci spiegargli “non hai capito un cazzo!” 😀

Mandarlo in terapia e fargli recitare il mantra (frase erroneamente attribuita ad Einstein):

  • Non tutto ciò che si può contare conta e non tutto ciò che conta si può contare.

Mettiamola anche in questi termini… “misurare il successo” significa rendersi vulnerabili a un’inutile costante frustrazione: ci sarà sempre qualcuno “più” di te! E anche nell’improbabile eventualità che tu sia il “più” del mondo… capisci che questa cosa non sarà per sempre.

Questo potrà sembrare banale per qualcuno ma basta farsi un giro in alcuni gruppi facebook di professionisti per constatare quanto questa pratica sia diffusa.

L’altra banalità da dire temo sia che:

Il successo è un viaggio, non una meta.
(diceva Arthur Ashe)

Per come la intendo io significa che non si sarà mai arrivati da nessuna parte. Che raggiunto un risultato, ottenuto un successo, emergerà subito un nuovo progetto, un nuovo proposito, una nuova sfida. E questo potrebbe sembrare particolarmente ansiogeno e suggerire un percorso di vita caratterizzato da una insoddisfazione pressoché costante.

Ma in realtà è una gran figata: è una crescita, è un continuo processo creativo.

Infine il successo è anche quello collegato ai nostri progetti del momento: e quindi per me il successo in questo momento sarà legato ai risultati dei miei progetti: al riuscire a rientrare dell’investimento (in termini di soldi e di tempo), all’ottenere un profitto, magari al creare un posto di lavoro per qualche volenteroso aspirante nomad worker!

Ecco: quando grazie ai tuoi successi ti ritrovi nella posizione di poter cambiare in meglio la vita anche degli altri… quello a me sembra il vero Successo!

 

” Adesso mi hai incuriosito! Quali sono i tuoi progetti?Cosa bolle in pentola?

Ne ho diversi.

Ma dopo anni che nutro alcuni di questi in maniera disorganizzata e “avanza tempo” (e quindi in maniera inconcludente :D) mi sono finalmente rassegnato all’evidenza che:

  • devo scegliere un progetto e lavorare solo su quello finché non l’ho portato a un livello sufficiente di maturazione, un livello in cui il progetto cammini con le proprie gambe…
  • la maggior parte delle mie energie deve essere investita in questo progetto (come spiegato sopra, non sto prendendo nuovi clienti in questo momento).

Il progetto che ho scelto quindi di portare avanti riguarda… un corso di inglese!
(Sì, un corso anch’io 🙂 Ma non un corso per insegnarti a diventare nomade digitale e neanche a insegnarti una professione! Più banalmente: un corso di inglese!)
Come mai, mi chiederai, ho scelto di investire le mie risorse in un mercato che ha già una sua bella e variegata offerta?

  1. Perché ho un’idea originale in cui credo;
  2. Perché mi sostiene la mia passione e credo ancora che questa sia un’ottima bussola da seguire!
  3. Perché ho da anni un sito molto popolare e visitato che si chiama lezionidinglese.net! Il che significa che ho un grande bacino di utenti da ascoltare, con cui fare test, da cui ricevere feedback e con i quali progettare un prodotto che risponda veramente a esigenze reali.
  4. Perché come ho spiegato sopra sono io stesso la prova che l’inglese ti cambia la vita.
  5. Perché credo di riuscire a dare un bel servizio, che si focalizza sull’aderenza al programma, che lavora sulla costanza (che ovviamente è un ingrediente fondamentale nell’apprendimento di una lingua e per ottenere qualsiasi risultato) e possibilmente sull’appassionare grazie a frasi “d’autore” memorabili piuttosto che rassegnarsi alla noia di esempi estemporanei tipo “the book is on the table”.

E non continuo perché altrimenti entro in modalità marketing! 😀
Se vuoi approfondire ti lascio solo un link ad un articolo che ti illustra l’idea che sta alla base del mio corso, clicca qui per vederlo.

Un altro progetto – al momento in stand by – è il già citato diventarefreelance.it
L’idea di continuare con le interviste, raccogliere dati, strategie e materiale, creare una community per poi realizzare un prodotto o un servizio in grado di aiutare effettivamente chi desidera diventare freelance a farlo… è senz’altro un’idea che merita tutta la mia attenzione e il mio impegno!
E spero proprio di potermi riavvicinare presto al progetto, con energie rinnovate e con l’approccio giusto per portarlo a termine.

E poi le crypto!

Non ho in realtà nessun progetto riguardo le crypto, anche se nei primi mesi dell’anno mi sono praticamente dedicato a studiare e a inventarmi strumenti per interfacciarmi con gli exchange per creare dei meccanismi automatici (bot?) che purtroppo vanno rivisti! Ma nel corso di questa esplorazione mi sono reso conto che crypto, ICO, intelligenza artificiale… sono praticamente l’avanguardia dell’avanguardia di questo momento storico!

La sensazione che ho è che il futuro sarà disegnato non dai politici, non dai poteri forti, ma dalle persone più brillanti del pianeta: i nerds! 😀

E quindi molto semplicemente mi piacerebbe studiare, imparare forse un linguaggio di programmazione adatto per fare AI (Artificial Intelligence), sperimentare, dedicarmi full-time a capire questa avanguardia dell’avanguardia… partecipare alla rivoluzione!

Sul serio:  oggi si dice che la blockchain sia una “rivoluzione” al pari di internet; ma per me non è una rivoluzione solo tecnologica: partecipare, nutrire e cercare di dirigere questi processi all’avanguardia dell’avanguardia è la più efficace attività politica.

Per quello che capisco io… ci sono persone capaci di immaginare un mondo basato sul concetto di decentralizzazione, il che significa che potremmo presto avere un’alternativa ai poteri “centralizzati”, siano questi banche, archivi notarili, imprese che detengono la proprietà dei loro database (Airbnb? Google? Facebook? Amazon?). Potremo fare a meno anche della necessità di delegare alle solite forze politiche alcune funzioni governative? Non lo so. Ma di sicuro per saperlo bisognerà studiare l’inglese! 😀

 

” Jonathan, grazie per questa fantastica intervista piena di spunti interessanti. Ci lasci con un messaggio per la community?

Da diversi mesi sto leggendo questo libro: “the greatest salesman in the world” di Og Mandino.

Lo sto leggendo da diversi mesi perché in questo libro sono “contenuti” dieci manoscritti, ognuno dei quali dovresti leggerlo 3 volte al giorno per un mese (no, non sono così diligente da farlo ogni giorno, figuriamoci 3 volte al giorno! 😀 ).

Il manoscritto di questo mese è dedicato all’azione , il che mi sembra molto a tema con quanto ci siamo detti.

Quindi ti lascio con una citazione dell’inizio di questo manoscritto:

“My dreams are worthless, my plans are dust, my goals are impossible.
All are of no value unless they are followed by action.
I will act now.”

Ovvero (mia traduzione)

“I miei sogni sono inutili, i miei progetti sono polvere, i miei obiettivi sono impossibili.
Sono tutte cose senza valore se non sono seguite dall’azione.
Agirò ora.”

 

 

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