Ossessione della carriera: meglio scegliere la vita

Se ci si guarda intorno per un momento risulta chiaro che l’ossessione della carriera è uno dei disturbi più comuni delle ultime generazioni.

Ancora sottovalutata, si stima che la sua incidenza sia al pari del gioco d’azzardo.

Viene naturale chiedersi da dove nasca questa malsana fissazione di dover arrivare a tutti i costi più lontano, prima degli altri.

Veniamo educati sin da piccoli a dover essere primi in tutto, non secondi e neanche terzi, primi.

Primi della classe, primi della fila, primi nella squadra di calcio e primi ad alzare la mano se l’insegnante fa una domanda.

Se non si è primi non si è bravi.

Poi da grandi ci si ritrova con il complesso della carriera, e si finisce per esaurire tutto il proprio tempo ad inseguire un successo fittizio.

Gente che lascia moglie e figli per rincorrere quel sogno fatto di metallo e fumo.

Gente che poi si ritrova in camera d’albergo a 70 anni con una prostituta ed una bottiglia di vino da 800 €, a ripensare alla propria vita e a cosa è rimasto, a ripensare ai figli che hanno lasciato e alla donna che hanno perso.

Per cosa poi? Un’azienda? un progetto? l’idea dell’immortalità?

Lo ha capito in tempo Jack Ma, fondatore di Alibaba e imprenditore di successo internazionale, dimettendosi e barattando il potere con il tempo; le sue parole sono state “preferisco morire su una spiaggia che in ufficio“.

Lo avevano capito anche Alix Faßmann e Anselm Lenz che lasciarono il loro lavoro di giornalisti di successo per un viaggio in Italia, e fondarono in seguito il libro: “Il lavoro non è la nostra vita: guida al rifiuto della carriera“.

Il libro ebbe così successo che alcuni istituti come “il Club of Rome” e “la Rosa-Luxemburg Stiftung” appoggiarono il progetto e vi furono diverse organizzazioni con filosofi ed economisti per parlare di come il mondo del lavoro si evolverà in futuro.

Potremmo citare anche Hendrik Sodenkamp, ex assistente personale di Carl Hegemann (affermato drammaturgo del Berliner Volksbühne).

Ad un certo punto Hendrik si rese conto della sua ossessione della carriera.

Non ne poteva più di lavorare 50 ore alla settimana; nonostante amasse il suo lavoro non voleva più rinunciare alle sue passioni, alla sua famiglia e ai suoi amici.

 

Leggi anche: ” Non ho tempo: la scusa contro cui i tuoi sogni lottano ogni giorno ”

 

Il centro del “rifiuto della carriera”

Faßmann  e Lenz fondarono poi a Berlino ( Neukölln ) un centro del rifiuto della carriera chiamato Haus Bartleby.

In questo centro si riuniscono tutt’oggi quelle persone che hanno deciso di fare quello che gli inglesi chiamano downshifting, che tradotto significa “scalare la marcia” e vivere più serenamente.

Una sorta di congrega dove si discute di eventuali soluzioni per poter scampare dall‘ossessione della carriera e ricominciare a coltivare le proprie passioni ed affetti.

Qui è possibile trovare professionisti di ogni settore, da operai ad artisti a creativi che anche seppur amando così tanto il loro lavoro non sono più riusciti a tollerare i ritmi estenuanti che la società imponeva loro di mantenere.

La cosa incredibile di tutto questo è che le iscrizioni all’abbonamento della rivista sono in costante crescita.

ossessione della carriera

 

Ossessione della carriera: Cambiare il valore che si da al lavoro

Tutti questi personaggi in realtà non hanno lasciato la carriera per oziare o starsene appisolati al sole 24h su 24.

Infatti loro non declinano il lavoro, ma solo la parte alienante di esso, quello non focalizzato sulla realizzazione delle proprie passioni e sul compiacimento delle relazioni umane.

Infatti Sodenkamp, in seguito, ammise ridendo: ” Da quando ci siamo licenziati lavoriamo di più, ma per qualcosa che riteniamo davvero utile e che sprigiona in noi passione e positività

Anche Jack Ma non se ne starà con le mani in mano.

Infatti il cinese multi miliardario si dedicherà all’insegnamento e ad altre attività filantropiche.

In effetti, il segreto non è nel non lavorare, ma nel dare un valore diverso al lavoro.

Se ci si pensa, la maggior parte delle persone lavora per soldi o potere, e non per passione o abnegazione.

Ma come si capisce quando si è superato quel limite fra piacere e ossessione?

A volte basta fermarsi e pensare.

Rimandare gli impegni con la propria compagna/o per finire un lavoro.

Stare costantemente con il telefono in mano per leggere le mail.

Non riuscire a distaccare la mente dalle proprie mansioni.

Sentire sempre la competizione con i colleghi.

Sono tutti segnali chiari che lasciano intendere che si ha un’ossessione della carriera.

 

La società che alimenta il male

Quanto la società ha influito sull’ossessione della carriera? Molto.

L’avvento dei social ci ha messo tutti a nudo, l’uno di fronte all’altro, la gente tende a mostrare solo la parte migliore delle proprie vite.

Tutti sorridenti, con vite spettacolari e lavori fantastici.

Questo ha prodotto una sorta di competizione virtuale.

Come bambini, le persone hanno cominciato a volere quello che non hanno: il lavoro, il salario e le vacanze migliori.

Ed ecco come l’ossessione della carriera si collega ad un’altra ossessione: quella di volere sempre quello che non si ha.

La società inoltre accetta positivamente questo tipo di manie.

Percepisce i Workhaolic ( definizione dall’inglese ) come persone che lavorano tanto, grandi lavoratori amanti del loro mestiere.

Uno dei chiari segnali che dimostra che si è ossessionati dal lavoro è il fatto di essere terrorizzati all’idea di perderlo.

Infatti, molti Workhaolic alla domanda: “ cosa faresti nel tuo tempo libero se da domani non lavorassi più ? “, non sanno cosa rispondere.

Rimangono totalmente spiazzati perchè non hanno più idea di cosa ci sia al di fuori della loro sfera professionale.

 

Leggi anche ” Come uscire dalla zona di comfort

 

L’importanza di riconquistare il proprio tempo

Silvano Agosti disse:

Il vero schiavo non è colui che ha la catena al piede, ma è colui che non è più in grado di immaginarsi la libertà “.

” E’ assurdo vivere in un sistema societario e politico in cui è la normalità andare a lavorare 5 o 6 giorni la settimana, ed è ancora più assurdo che le persone ambiscano a tale sistema “

Ho già scritto più volte di quanto il tempo sia il valore più grande che abbiamo e quanto sia importante avere più tempo.

E, seppur limitato per tutti quelli che lavorano le classiche 8 ore al giorno, è molto importante rendere sacro il tempo libero che rimane a disposizione.

Tutti noi abbiamo passioni, amicizie e affetti con cui riempire le nostre vite, coltiviamole.

Non lasciare che gli impegni lavorativi interferiscano con ciò che amiamo è il primo passo per tenere divise vita professionale da vita privata.

Infatti, il primo step verso l’ossessione del lavoro,  è lasciare che esso spazzi via le passioni e gli affetti che una persona possiede, fino al punto di dimenticarsene.

 

Scegliere le esperienze per vivere

Christopher McCandless nel celebre film “Into the Wild” diceva: ” L’essenza dello spirito dell’uomo sta nelle nuove esperienze ” e io penso che sia una delle frasi più vere di sempre.

Ogni cosa nella vita di una persona ha un suo peso: il lavoro, la famiglia, gli amici, i viaggi, e infondo esse sono tutte esperienze di vita.

Ci deve essere una sorta di equilibrio fra tutto questo.

C’è spazio per ogni cosa, basta semplicemente dare le giuste priorità ad ogni elemento.

Un abbraccio

 

Nicolas

 

 

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