Nina Virtuoso:”Ho mollato tutto alla ricerca di una vita tutta mia, oggi vivo di scrittura e sono felice”

nina virtuoso nomade digitale

Un lavoro stimolante, un Posto fisso e un contratto a tempo indeterminato.

La ricetta della vita a cui molte persone aspirano, così presentata, sembrerebbe anche invitante.

Peccato però che da questa ricetta, spesso, vengano omessi gli ingredienti meno appetibili.

Hai capito di cosa parlo, giusto? Gli orari rigidi, la sveglia ogni mattina alla stessa ora, le routine senza fine, il traffico, i colleghi che non si sopportano e le poche ferie a disposizione.

Eppure, nonostante questo minestrone di negatività, il posto fisso è spesso motivo di ambizione, tanto da farci dimenticare ciò che andiamo rinunciando per esso: il nostro tempo e le nostre passioni.

Se lo è ricordato ad un certo punto Nina, ribaltando la sua situazione diventando nomade digitale.

 

Ciao Nina, dicci chi sei…..

Ciao Nico, mi chiamo Nina Virtuoso ho 37 anni appena compiuti e al momento vivo a Bali. Che, mentre lo scrivo, suona ancora più strano.

Se qualcuno mi avesse detto che un giorno sarei finita a vivere dall’altra parte del mondo ne sarei stata molto entusiasta, ma chissà se ci avrei creduto davvero.

Mi sembra assurdo ancora oggi, che sono passati quasi due anni dal mio arrivo su quest’isola indonesiana dai mille volti.

 

Cosa fai esattamente per vivere?

Mi occupo di scrittura, spaziando dal web writing fino a servizi più complessi di copywriting e branding.

Per farla semplice, il mio lavoro consiste nel trovare le parole, il tono di voce e il metodo più idonei ed efficaci per garantire alle aziende il raggiungimento dei loro obiettivi.

Fare della scrittura il mio lavoro è sempre stato il mio sogno.

Sono cresciuta con una mano sulla vecchia Lettera 32 di mio papà e un’altra su di un personal computer epocale, l’ingombrante e rumoroso Commodore 16.

Mettere nero su bianco pensieri, idee e emozioni fa parte del mio modo di essere e di esprimermi.

Utilizzare questa mia capacità per aiutare aziende e professionisti a raccontare il proprio valore e comunicare con i propri clienti è stata una specie di lenta ma progressiva evoluzione naturale.

Oltre a questa attività principale mi occupo anche di formazione, consulenza e tutoraggio sia per coloro che vogliono avvicinarsi a questo tipo di lavoro, sia per aziende e categorie professionali specifiche.

Per poter gestire al meglio le continue richieste che ricevo, nel 2018 ho costruito insieme al mio socio (nonché caro amico) Federico Valeri la OTB Outside The Box srl.

Scopo di questa società è favorire la diffusione di una nuova cultura della comunicazione digitale, oltre che di un modo più etico e consapevole di costruire relazioni umane, personali e professionali.

Scrittura e formazione di qualità, ma anche condivisione e rispetto dell’individualità di ciascuno di noi: questa la nostra missione quotidiana.

 

Vivere a Bali di scrittura.
Sicuramente per arrivare fino a qui sarai passata per grandi cambiamenti.
Cosa facevi prima di tutto questo?

Ho lavorato per anni come marketing e comunication manager nel settore dei centri commerciali.

Mi occupavo di realizzare piani di comunicazione, programmare eventi, studiare e monitorare il target di riferimento, aiutare i negozianti ad aumentare le prestazioni di vendita.

Dalla strategia alla pianificazione delle grafiche per le pubblicità sui giornali, dall’allestimento di un palco per un concerto alla programmazione delle newsletter… insomma, quella è stata la mia più grande palestra professionale, un’esperienza che mi ha insegnato tantissimo.

Ma, come in tutte le più belle storie al mondo, c’era un però.

Se da una parte quegli anni mi avevano dato tanto in termini di esperienza e competenze, è anche vero che mi avevano tolto molto, molto di più.

Lavoravo una media di 12 ore al giorno, avevo la reperibilità notturna e nei weekend per le emergenze, e i livelli di stress e frenesia erano davvero elevati.

Ma soprattutto mi pesava sentirmi in un vicolo senza uscita: non vedevo ulteriori possibilità di crescita e sviluppo, mi sentivo completamente svuotata, priva di entusiasmo e voglia di mettermi in gioco.

Insomma, non ero più io.

Da questa presa di consapevolezza è arrivata, il 9 giugno 2014, la scelta di rimescolare le carte e ricominciare da capo, ma questa volta seguendo regole diverse.

Le mie e quelle del mio compagno, che ancora oggi è al mio fianco e insieme a me vive ogni giorno questa grande rivoluzione esistenziale.

 

Passare dal lavorare in un ufficio 12 ore al giorno all’essere Freelance e nomade digitale.
Come hai affrontato questo cambiamento?
Soddisfazioni e difficoltà?

L’unica vera difficoltà è stata quella di prendere consapevolezza delle tante competenze che già mi appartenevano grazie al mio precedente lavoro, e dare loro un valore reale.

Una volta identificato il mio punto di partenza, ho capito cosa dovevo imparare da zero, quali fossero le ultime novità del settore e i principali trend di mercato.

Rispetto alla presa di coscienza delle mie reali capacità come professionista, questa seconda parte mi è sembrata una passeggiata!

Per trovare spunti formativi interessanti ho iniziato a seguire tutta una serie di professionisti (soprattutto italiani, ma non solo) che col tempo ho identificato essere persone serie, con una grande esperienza alle spalle e capaci di fornire tanti stimoli e approfondimenti.

Fra gli italiani segnalo con piacere Giorgio Taverniti, Francesco Margherita, Marco De Veglia, Alessio Beltrami e Cristiano Carriero.

Ho letto tanti libri, ho studiato, ho aperto un mio blog in cui ho fatto tanta pratica, e ho collaborato con diversi professionisti in cambio di formazione e aggiornamento.

Quest’ultima parte è durata meno di un anno.

Ma prima di questa fase ho passato quasi 12 mesi prima di capire che sì, avevo tante carte in regola per incanalare le mie competenze in una nuova professione.

Credo che tanto sia dipeso dal mio carattere e dal mio vissuto.

Sono sempre stata molto restia a riconoscere il mio potenziale, soprattutto in ambito lavorativo.

Se a questo poi aggiungi che sono cresciuta sentendomi dire “Guarda che di scrittura non si vive”… la frittata è fatta!

Il primo articolo mi fu pagato 5 euro. Una miseria, ma io ero felice come una bambina.

Dentro di me dicevo: se esiste anche solo una persona al mondo che ha deciso che il tuo lavoro meriti di essere retribuito (anche se sottopagato), significa che c’è del valore.

Si tratta solo di farlo crescere, farlo vedere meglio, e alle persone giuste.

E così è stato: in soli sei mesi avevo un numero di clienti sufficienti, entusiasti e con la maggior parte dei quali lavoro tuttora. E tariffe completamente differenti.

nina virtuoso

 

Una storia davvero d’ispirazione.
Considerando il tuo passato lavorativo, riusciresti mai a tornare fra le 4 mura di un ufficio?
Quali sono i reali pro e contro di una vita da nomade digitale?

L’ufficio non fa per me, ma questo l’ho sempre saputo.

I rituali “corporate” dell’abito da ufficio, il trucco da ufficio, gli orari fissi, il dover stare per metà della mia giornata chiusa in un luogo sterile lontano dalle persone a me care: no, questa vita mi è sempre costata tanto.

Ora lavoro comunque tantissimo, ma innanzitutto è una mia scelta: sono sempre coinvolta in progetti stimolanti, con clienti e professionisti eccezionali, e non sento più di tanto il peso del numero di ore perché la soddisfazione è davvero tanta.

E poi lavoro da casa, il che mi permette di stare insieme al mio compagno, godere delle piccole cose quotidiane, prenderci qua e là delle piacevoli pause e dei momenti per noi, mangiare insieme, parlare di più. Un valore umano immenso al quale non ho intenzione di rinunciare.

I contro d’altra parte sono comunque tanti, anche se per il momento non mi hanno mai portato a dubitare delle scelte fatte o avere dei rimpianti.

Ho perso tanti vecchi amici, e per molti di loro non sono riuscita a essere presente come un tempo, né tanto meno loro con me.

Anche la distanza con i miei genitori è un elemento che mi pesa molto, ma per fortuna abbiamo finora trovato un sistema per rimanere “connessi” nonostante la lontananza.

Una seconda criticità è data dalla quasi impossibilità di diventare parte integrante delle comunità locali, soprattutto qui in Asia dove il gap culturale è immenso.

Nonostante io sia una grande amante dei popoli asiatici e della loro incredibile unicità, vivere a lungo e in maniera continuativa fra di loro si è rivelato più difficile di quanto mi aspettassi.

Puoi arrivare a farti degli amici, e anche sinceri, ma rimane sempre un po’ la sensazione di essere visto come “l’uomo bianco”, il colonizzatore, l’invasore (e spesso hanno tutte le ragioni del caso).

Quel che è certo è che rimane sulla punta della lingua un retrogusto un po’ amaro, un dispiacere di fronte alla grande fatica che si fa nel costruire rapporti veramente egualitari.

Ultimo aspetto doloroso: il dover continuamente salutare luoghi e persone, con quel dirsi “a presto” che non sai mai se diventerà un addio.

Non sono ancora abituata a vivere le relazioni con meno coinvolgimento e a dire il vero, anche se fa male, non ho nessuna intenzione di abituarmici ?

 

Scommetto che dopo questo lungo cammino hai abbracciato uno stile di vita più minimalista.
Parlando della società che ci circonda, cosa pensi ci sia di sbagliato nel modo di vivere all’interno di essa?
La maggior parte delle persone lavora per consumare, dimenticandosi delle esperienze, fulcro reale dell’esistenza. Cosa ne pensi a riguardo?

Personalmente ho scelto una vita leggera che possa stare in uno zaino, fatta di pochi vestiti, pochi oggetti, e quel poco che mi serve per lavorare bene.

Non mi mancano gli armadi pieni di vestiti, il frigo pieno di cibo e oggetti da accumulare che caratterizzavano la mia vita precedente.

Ho imparato a usare meno cose, ridurre gli sprechi, controllare le mie necessità e desideri senza esserne dipendente e comunque senza sentirmi privata di qualcosa di prezioso.

Ho guadagnato tempo, sono più serena circa la gestione del denaro, ho maggiore consapevolezza del mio impatto sull’ambiente, e un senso di leggerezza al quale non rinuncerei per niente al mondo.

Sarebbe bello se tutti potessero provare, anche solo per gioco, a vivere qualche mese con solo quello che può stare in uno zaino.

Sono sicura che sarebbe un’esperienza formativa incredibile per chiunque!

 

Viviamo in un epoca in cui le opportunità di lavoro online sono vendute un tanto al kilo.
Pensi che diventare nomade digitale sia alla portata di tutti?

Questa è la domanda più difficile per me.

A differenza di tante persone, io non credo che questo stile di vita sia per tutti.

Ho visto nomadi digitali arrivare a Bali e trattare questo luogo come fosse una discoteca di Riccione, senza il minimo rispetto per la cultura e le tradizioni del posto.

Ho visto ragazzi confusi alla ricerca di “un lavoro qualunque basta che sia online”.

Ho visto digitali denigrare chi non lavora al pc, ho visto nomadi sentirsi superiori rispetto a chi preferisce uno stile di vita più stanziale.

Ho visto nascere marketing guru della ultima ora, finti esperti, venditori di fumo.

E ho visto anche tante persone andare in crisi al primo momento difficile.

Perché diciamocelo, questa non è una vita per tutti.

Ma non è così, in fondo, per qualsiasi cosa?

Dubito che siamo tutti nati per essere dei bravi genitori, per esempio.

Io credo che ognuno dovrebbe seguire la propria indole e costruirsi una vita che sia in linea con il proprio concetto di felicità, che può anche variare nel tempo.

Vorrei invitare le persone a non lasciarsi incantare dalle promesse di una vita zaino in spalla a bordo piscina, e a non farsi prendere dalla chimera di chissà quale vita avventurosa.

La verità è che anche una vita “nomade” nasconde insidie, momenti difficili, paure, monotonie e insicurezze. E anche questa vita ha un prezzo da pagare.

Non esiste uno stile di vita migliore di un altro.

Esiste solo lo stile di vita più adatto per la persona che siamo in questo istante…che non è detto sarà la stessa di domani ?

 

Quali consigli daresti a chi vuole mollare tutto e costruirsi una professione online?

Online o meno, il consiglio è sempre lo stesso: quali sono le cose che sai fare? Assicurati di aver esplorato ogni angolo del tuo potenziale, perché molto spesso abbiamo delle doti di cui non siamo coscienti a pieno.

Passa poi a definire la lista delle tue aspirazioni e desideri, e cerca di capire cosa ti manca per raggiungere quell’obiettivo.

Terza fase: studia ciò che non sai, osserva e mettiti a disposizione di chi ne sa più di te, sperimenta, prova, fai mille tentativi fino a quando non ti sentirai padrone dei tuoi strumenti.

Quarta e ultima fase: non sentirti mai arrivato. Il digitale non si ferma mai, e tu con esso.

 

Quando si parla di “lavoro da remoto” c’è sempre qualcuno che storce il naso.
Come rispondi a chi ti dice che il tuo stile di vita non ti darà mai sicurezze e che dovresti pensare al futuro?

Le sicurezze non mi sono mai piaciute.

Sono sempre stata una persona piena di dubbi e domande, e convivo benissimo con questo senso di “precario” che mi ricorda, in ogni istante della mia vita, che in fondo precari lo siamo tutti, su questa terra.

Non c’è pensione che ci possa far sentire al sicuro per il nostro domani.

I tempi corrono veloci, la società cambia, e quello che oggi vale mille domani potrebbe non esistere più.

Si tratta solo di ridistribuire le percentuali di vita, alzando quella da dedicare al presente, e riducendo quella per il futuro.

 

Perfetto Nina, ci lasci con un ultimo messaggio per la community?

C’è una frase che amo tantissimo e che mi accompagna, come un mantra, ogni giorno: “Se vuoi qualcosa che non hai mai avuto, devi essere disposto a fare qualcosa che non hai mai fatto prima.”

È la frase che mi ha accompagnato in questi ultimi anni di viaggi e avventure, e spero non mi abbandoni mai.

nina virtuoso

 

 

Un abbraccio

 

Nico

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