Il Loop del lavoro è qualcosa di disumano, ma sono in pochi a rendersene conto

loop del lavoro

Osservando la vita delle persone che svolgono un lavoro tradizionale, fatto di orari rigidi e di luoghi di lavoro sterili e sempre uguali, balza agli occhi una componente inquietante per chi non è abituato a subire quel tipo di routine che solo la vita quotidiana media è in grado di generare: il loop lavorativo.

Il loop lavorativo è qualcosa di silenzioso; questa routine infinita che si ripete giorno dopo giorno non fa rumore, eppure è talmente alienante e tossica per il nostro cervello che è in grado di anestetizzarti la mente fino al punto di renderti una persona apatica e mediocre.

La sveglia alla stessa ora, la colazione con il solito caffè, lo stesso tragitto in macchina incrociando sempre le stesse persone, le solite 9 ore passate davanti al solito computer con i soliti colleghi, parlando delle stesse cose ogni settimana, tornare a casa alla solita ora facendo il solito tragitto, tutto questo moltiplicato per settimane mesi e anni della propria vita: visto dal di fuori è pura follia.

Ma allora la domanda sorge spontanea: come possono le persone non rendersi conto di tutto questo?

E la risposta è una ed è sempre la stessa, una risposta fatta di 4 parole che riassume in toto la natura accondiscendente dell’essere umano che lo ha trascinato per millenni fra giustificazioni discolpe e situazioni deprecabili: “così è la vita“.

 

Il loop del lavoro visto da un fotografo

Peter Funch, fotografo danese che fa base a New York, si è piazzato per 9 anni consecutivi ogni mattina tra le 8.30 e le 9.30 nello stesso incrocio per fotografare i passanti.

Il risultato dopo 9 anni fu tanto sorprendente quanto inquietante.

Una sfilza di foto delle medesime persone in abiti diversi che eseguono gli stessi riti e le stesse gesta ogni giorno alla stessa ora.

E’ la dimostrazione pratica di quanto il tempo scorra sui nostri volti anno dopo anno, mentre eseguiamo come macchine le stesse azioni senza accorgercene.

Creiamo un recinto di sicurezze intorno a noi, fatto di routine infinite; ciò che non conosciamo ci fa paura, ciò che impariamo ci dona certezza: molti la chiamano comfort zone.

 

I folli sono quelli che fanno ogni anno la stessa cosa

Tiziano Terzani, in una delle sue ultime interviste disse testuali parole: ” Tutti i miei ex colleghi quando mi videro vestito di bianco che tornavo, uno mi ha guardato e ha pensato che ero uscito matto, per me era matto lui che faceva ogni anno la stessa cosa, e si ripeteva all’infinito, almeno io cercavo di farne delle nuove”.

Come disse anche Christopher McCandless in Into the Wild: “l’essenza dello spirito dell’uomo sta nelle nuove esperienze“.

Ma come possiamo fare nuove esperienze se ci costringiamo a fare sempre le stesse cose anno dopo anno?

Certo, chi svolge una vita definita “normale” dalla società, dispone di un weekend e delle famose 3 settimane di ferie all’anno, ma davvero vogliamo convincerci che quel poco di tempo libero a disposizione è sufficiente per vivere le nostre vite appieno?

 

Eppure qualcuno se ne accorge, e…..

Eppure qualcuno che si accorge di tutto questo c’è, spesso sono nomadi digitali, persone che si sono slegate da un luogo fisico e si portano il lavoro in uno zaino, oppure semplicemente persone che hanno scelto la strada del minimalismo, e vivendo con poco hanno a disposizione più tempo per se stessi; io le chiamo anime libere.

Rendersi conto di questo loop, di ciò che c’è di marcio nel nostro sistema lavorativo e nel modo che abbiamo di vivere non è per niente facile, e ancor più difficile è liberarsi da certe catene.

Perché finiamo per essere tutti schiavi, e i veri schiavi non combattono i padroni, ma li difendono.

I veri schiavi addobbano la finestra della loro cella, così se anche un giorno la porta sarà aperta loro non vorranno uscire.

Perché il vero schiavo non è tanto colui che ha la catena al piede, ma è colui che non è più in grado di immaginarsi la libertà ( Silvano Agosti ).

 

Un abbraccio

 

Nico

 

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2 COMMENTS

  1. Ciao Nicolas, non posso che concordare con quello che hai scritto. Tra qualche mese lascerò il mio lavoro e ricomincerò a viaggiare e a trovare più tempo per dedicarmi al mio blog. La cosa che mi sono sempre chiesto è come le persone non riescano a capire il valore del tempo. Che nessuno ti ridarà mai indietro. Questo credo sia il dramma di un lavoro da non tanto da 7-8 ore al giorno, ma che t’impegni tutto l’anno. Per lungo tempo ho lavorato come stagionale e credo che quella possa essere una soluzione intelligente.

    • Esatto. E’ quello che penso anche io. Il problema non sono le 8 ore al giorno, ma bensì questo loop infinito, che sembra durare fino alla nostra morte. La cosa più inquietante di questa società è come le persone accettino di passare anni della loro vita facendo ogni giorno la stessa identica cosa. Vista dal di fuori è inquietante.

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