Francesco Grandis: ho costruito una vita su misura per me, tutto quello che volevo era essere felice.

francesco grandis

Da qualche anno a questa parte, il desiderio di cambiare vita è diventato il sogno di molti.

Cambiare vita però, comprende il mutare di diversi aspetti della propria esistenza, e questa se vogliamo è la parte più difficile, perché nella nostra società si attribuisce spesso un coefficiente negativo al “cambiamento”.

Non per tutti però è così.

C’è chi si lamenta e agisce, e c’è chi si lamenta e subisce.

Tutti vogliono essere felici, ma in pochi sono disposti ad uscire dalla propria zona di comfort.

Ma uscire dal proprio recinto di sicurezze è necessario, se vi vogliono raggiungere i propri sogni.

Perché quindi vedere il cambiamento come un qualcosa di avverso?

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Ciao Francesco, dicci chi sei…..

Ciao Nico, grazie per questa intervista.

Mi chiamo Francesco Grandis, in arte Wandering Wil e quando avevo pensato a questo nome non avevo calcolato la difficoltà di digitarlo sui siti internet  😀

Sono classe 1977, quindi quest’anno compio 42 anni.

Al momento potrei definirmi scrittore, anche se forse lo trovo un pò presuntuoso da parte mia qualificarmi come tale, dato che ho un solo libro all’attivo.

Ogni volta che ti chiedono cosa fai per vivere c’è sempre un pò di difficoltà, come mai?

C’è sempre un pò di “imbarazzo” quando parlo del mio lavoro attuale.

Molte persone sono abituate a classificare come “lavoro vero” quello classico, con le famose 8 – 10 ore in ufficio o in fabbrica.

Il mio impiego attuale è molto lontano dallo stereotipo del lavoro tradizionale.

La realtà, è che amo talmente tanto quello che faccio che lo farei anche gratis, di conseguenza faccio anche io fatica a classificarlo come un lavoro, in quanto non vedo alcuna “fatica” in quelle che sono le mie mansioni quotidiane.

Anche durante il periodo da nomade digitale, quando lavoravo da remoto 4 ore al giorno come programmatore, le persone non classificavano esso come un lavoro vero, solo per il semplice fatto che era svolto per 4 ore al giorno da remoto.

Siamo nel 2019, esistono possibilità infinite online e offline.

L’idea del lavoro “duro” è qualcosa di antico, e probabilmente fra qualche centinaio di anni non esisteranno più almeno la metà delle professioni che esistono oggi.

” Se tutti facessero come te non ci sarebbe più nessuno che fa il pane”, quante volte ti sei sentito dire questa frase?

E se tutti facessero l’avvocato chi è che farebbe il pane?

Con questo tipo di commenti bisogna rispondere così perché non esiste una risposta seria che puoi dare.

Non so se sia invidia o insoddisfazione.

Si fa molta fatica ad accettare il fatto che qualcun’altro abbia fatto un passo in una direzione diversa da quella definita “normale”.

Quando queste persone notano che un altro individuo riesce a vivere lavorando meno, provano a trovare qualcosa di sbagliato nella sua scelta per sentirsi meglio con se stessi.

Io semplicemente mi sono scelto una vita su misura per me.

Io volevo essere felice, essere sereno e avere tempo per me stesso.

Se tutti facessero come me, probabilmente il mondo sarebbe un posto migliore, altro che gente che non fa il pane.  😆

francesco grandis

Sei un personaggio molto conosciuto ma sono sicuro che alcuni non conoscono bene la tua storia.
Riassumici gli ultimi 10 anni.

In effetti ormai è il decennale dal cambiamento.

Dopo essermi laureato in ingegneria informatica ho cominciato a lavorare nel campo della robotica, settore che mi appassionava.

Avevo tutta una mia idea di quello che pensavo fosse un impiego in questo ambiente ma mi scontrai duramente con la realtà.

Finii a lavorare nei robot industriali per 8 – 10 ore tutti i giorni.

Più i giorni passavano, più saliva il disagio per quello che facevo, mi sentivo nel posto sbagliato.

Così nel 2009, proprio all’inizio della crisi economica, mi licenziai, avendo tutti contro.

Non solo era vista come un’assurdità lasciare un contratto fisso, ma io lo stavo facendo proprio nel periodo in cui tutti avrebbero pagato per un lavoro come il mio.

Per proseguire sull’onda di questa follia, spesi tutti i miei soldi in un giro del mondo di 6 mesi zaino in spalla.

Quel viaggio mi cambiò la vita, in quanto ne uscii fuori con le idee molto più chiare.

Capii semplicemente che quello che volevo era essere felice, non me ne fregava nulla della carriera..

Così impostai la mia vita in funzione di questo obiettivo.

Una volta tornato dal viaggio, mi trovai un lavoro su mia misura, e diventai un programmatore nomade digitale.

Per 4 anni lavorai così, da dove volevo con il mio laptop per 4 ore al giorno.

Nel 2013 poi, dopo aver mollato anche il lavoro da programmatore, decisi di raccontare le mie esperienze, così aprii il blog e i vari canali social.

Andai avanti per un anno, finché nel 2014 capii che era il momento di scrivere un libro su tutto il mio percorso.

Nel 2015 quindi uscì “Sulla Strada Giusta” che ebbe un gran successo, e da quel momento sono diventato scrittore.

E se non vado errando anche l’ultimo anno è stato caratterizzato da grandi cambiamenti…..

Esattamente.

Dopo una lunga riflessione abbiamo deciso di trasferirci e di lasciare l’Italia.

Avevamo deciso di vivere alle Canarie, in quanto le ho sempre amate e ne ho sempre sentito parlare splendidamente come qualità della vita.

Ci siamo però scontrati con la dura realtà dell’aumento dei prezzi, soprattutto degli affitti.

Probabilmente siamo arrivati troppo tardi, era una mossa che avremmo dovuto fare qualche anno fa.

Dopo 4 mesi di ricerca ci siamo rassegnati e abbiamo ripiegato sulla Spagna continentale, nella zona di Alicante.

Quello che cercavamo comunque lo abbiamo trovato, clima mite, balcone sul mare e tanta natura, e la differenza è abissale dalla zona dove abitavo in Italia.

Quando vivevo in Veneto mi mancavano i colori, davvero, era tutto grigio.

Qui sembra quasi che ci sia la saturazione più alta.  😀

Finalmente posso uscire e godermi una bella passeggiata vicino al mare senza aver paura di quello che vedo o respiro.

Spesso si sottovaluta la felicità ambientale, che è quella felicità che viene data, o anche tolta, dall’ambiente circostante.

Molte volte la famiglia viene usata come scusa pur di non attuare un cambiamento.
Considerando che hai fatto questo trasferimento con tuo figlio, quali sono state le difficoltà più grandi?

La scusa del bambino viene spesso utilizzata per “non fare” tante cose.

Questo trasferimento è stato fatto anche in funzione di mio figlio, in quanto volevo che crescesse in un ambiente multietnico,sano e pulito.

Se ci si organizza, si riesce a fare di tutto.

Quando aveva 3 mesi siamo andati a Fuerteventura, a 9 mesi si è fatto tutto il tour di presentazione del libro in camper, a 2 anni siamo andati a fare il cammino di Santiago.

Penso sia chiaro che quella del bambino o della famiglia sia solo una scusa che lascia il tempo che trova.

Se ti guardi indietro hai mai nostalgia del viaggio on the road?

Mi manca, non posso negarlo  😀

Un mese dopo aver abbandonato la vita da nomade, ho scoperto che sarei diventato padre, quindi il cambiamento è stato abbastanza brusco.

I viaggi che facevo prima non posso farli tali e quali, posso comunque viaggiare, ma ovviamente in modo diverso.

Quando ci penso ho nostalgia di quel periodo, ma capisco che è una fase che fa parte del mio passato.

Qualche tempo fa ci pensavo così spesso che decisi di fare fagotto e andare via un paio di settimane in Portogallo.

Il giorno prima della partenza, nel momento di fare lo zaino, che per me corrisponde ad uno dei momenti più romantici del viaggio, sentii che qualcosa non andava.

Così mi cominciai a chiedere ” Francesco, cosa c’è che non va ” ?

Li, capii che non volevo lasciare Michele a casa.

Tutte quelle cose che si possono fare in un viaggio on the road le ho già fatte, oggi mi manca l’abbraccio di mio figlio prima di andare a dormire.

Insomma, sono diventato un padre di famiglia  😀

Quello che mi piace fare ora è viaggiare con tutti e tre, e non vedo l’ora di portarli in viaggio in Scandinavia, uno dei luoghi più belli che ho visto.

Mi sembra giusto.
Parlando del tuo libro ” Sulla Strada Giusta”, perché secondo te queste storie di cambio vita arrivano così tanto al cuore delle persone?

Si sono moltiplicate le storie di persone che parlano di “vie d’uscita” in quanto la gente ha bisogno di speranza.

Probabilmente sta succedendo questo per una base di insoddisfazione per lo stato in cui ci troviamo.

Non è un caso che storie come questa vengano fuori quando si parla di crisi economica.

30 anni fa se avevi un lavoro riuscivi a crearti una posizione molto più facilmente, oggi non è più così.

Le persone fanno fatica e come se non bastasse i titoli di studio ormai non valgono più come una volta.

Tutte queste cose messe insieme portano le persone a porsi delle domande, e molti cercano le risposte nella lettura e nelle esperienze di altri per capire che si, esiste una soluzione.

Tantissime persone mi ringraziavano e lo fanno tutt’ora solo per il fatto di sentirsi rincuorati di non sentirsi più soli.

Non solo non siamo soli, ma siamo anche tanti.

Ci sono tantissime persone la fuori che la pensano esattamente come noi.

Sul mio gruppo Facebook siamo più di 7500 persone che ogni giorno parlano e si danno consigli per riuscire a cambiare vita.

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Ci sono quelli che difendono il sistema e quelli che lo combattono, quasi come se ci fosse una differente percezione delle cose.
Perché questa divergenza di pensiero?

Potrei dirti la solita banalità che il mondo è bello perché è vario, oppure potremmo dire che ” la pecora deve giustificare l’esistenza del recinto, altrimenti dovrebbe spiegare a se stessa perché non sta cercando di scavalcarlo“.

E’ una frase un pò cattiva ma che spiega in pieno il concetto.

Quando le persone vedono che qualcun’altro sta provando e sta riuscendo a fare qualcosa fuori dagli schemi, esso diventa per loro una domanda: “perché non faccio anche io questa cosa?

Siccome è una domanda difficile da farsi, in quanto impone un auto analisi e un auto critica, le persone evitano a prescindere di farsela, in quanto rischierebbero di capire che loro stessi hanno torto.

Rispondendo a certe domande scomode, si rischia di realizzare di aver sprecato un intera vita al servizio di un sistema.

In effetti, spesso chi difende questo sistema sono persone in età avanzata che hanno passato un intera vita al servizio del lavoro tradizionale.

Quando esse vedono qualcuno che va controcorrente, finiscono per criticarlo a prescindere, in quanto qualsiasi cosa che va fuori dal loro ordinario non è visto come uno stile di vita accettabile.

A volte mi hanno addirittura dato del parassita.   😀

Sembra quasi che le persone siamo talmente assorbite dalle loro abitudini e dal lavoro a tal punto da non riuscire più ad immaginarsi la libertà, non ti sembra?

Questa è appunto una delle mie citazioni preferite, che è di Silvano Agosti.

Lo schiavo non è tanto chi ha la catena al piede, ma quello che non riesce più ad immaginare la libertà.

Ne ho parlato anche sul mio blog.

Noi abbiamo tradotto nel termine lavoro due parole latine: Opus e Labor.

Labor è associato all’idea di fatica, mentre Opus è quello che l’uomo fa stimolando la creazione e il piacere di fare qualcosa.

Semplicemente, quello che ho fatto io è stato tramutare il Labor in Opus.

Dovremmo aspirare tutti a fare qualcosa per puro piacere, e non per soldi.

Come ho detto prima, amo talmente tanto scrivere che lo farei anche gratis.

Nella nostra società però si attribuisce spesso un coefficiente negativo al cambiamento.
Francesco Grandis invece non sembra avere paura di questo fenomeno, come ci riesci?

Probabilmente è una cosa istintiva.

Il punto è che se non c’è cambiamento non c’è evoluzione, si resta uguali.

Puntualizzo, se si è felici con quello che si è, allora è giusto non cambiare niente.

Ma, se c’è qualcosa che ti rende infelice ( e io ero infelice ), allora il cambiamento è necessario.

Tra l’altro l’idea che il cambiamento si possa evitare è una pura illusione, perché il cambiamento arriva comunque.

L’età va avanti, il tempo va avanti, i governi cambiano, le leggi cambiano, gli incidenti accadono, le persone si allontano.

E’ chiaro che si ha un controllo minimo su quello che ci succede.

Quindi l’idea “non faccio niente così non arriva il cambiamento in quanto ho paura di cosa c’è dopo“, è un inganno bello e buono.

Bisogna essere bravi a gestire le proprie emozioni, senza paura.

In questo mi ha aiutato molto il viaggio, in quanto proprio il concetto del viaggio è improntato sul cambiamento.

Cambi panorama, cambi visione, cambi conoscenze.

Il cambiamento è bello, a volte va male e a volte va bene, la cosa importante è che sia tu a dettare il gioco.

Se scegli di essere tu a cambiare, prima che il cambiamento arrivi da solo, hai ottime probabilità che vada bene.

Cambia prima di essere costretto a farlo.

” Se ti piace quello che hai non cambiare niente “.
Questa frase che hai detto è giustissima, ma non pensi a volte che spesso le persone si prendano in giro pur di non affrontare i loro problemi?

La paura di guardarsi dentro è comune a molti.

Magari c’è qualcuno che è davvero felice a fare quello che fa, nessuno può saperlo o giudicare, però ho visto anche io spesso una certa paura di affrontare la realtà.

Una delle cose che mi ha sempre contraddistinto è la sincerità, con gli altri e con me stesso.

Quando sono stato male non ho trovato scuse, me lo sono detto chiaro e tondo: ” Francesco, stai male, bisogna fare qualcosa “.

Durante il mio cammino, dall’ Università al lavoro nella robotica, ho sempre sentito un vuoto dentro.

Poi durante il lavoro la crisi si è fatta sentire maggiormente fino a spingermi a cercare delle risposte, al chiedermi il perché di quel vuoto.

Ci ho messo comunque un pò di tempo a realizzare di dover mollare tutto, almeno un paio di anni.

E’ giusto comunque che ognuno deve prendersi il suo tempo per decidere come cambiare e quando cambiare.

Sono sicuro che hai tanti progetti su cui stai lavorando.
Cosa bolle in pentola? Come ti vedi fra 10 anni?

Sto lavorando al mio nuovo libro, da un pò troppo tempo e per questo mi scuso , ma manca davvero poco 😀

Entro quest’anno voglio farlo uscire, anche a costo di auto pubblicarmelo.

Il libro non è un seguito di ” Sulla Strada Giusta “, mi avevano chiesto di farlo ma non è il momento giusto, valuterò in futuro.

La storia che racconto nel mio nuovo libro è un thriller con ambientazione nel futuro, vagamente fantascientifico, in cui c’è spazio per personaggi che reputo molto interessanti e vicende curiose.

Sto facendo l’ennesima revisione in questo periodo in quanto voglio trovare un editore.

Fra 10 anni mi immagino con la mia famiglia in un posto che ci fa stare bene, scrivendo.

E’ incredibile per me vedermi scrivere ancora fra 10 anni, perché significa che amo davvero quello che faccio.

francesco grandis

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Un abbraccio

Nico

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